martedì 15 dicembre 2015

Lo spirito del Natale e il mistero dell'abito rosso







Charles Dickens
Il 25 dicembre anche in Inghilterra, come in altri paesi del mondo, si festeggia il Natale. Vi domanderete perché tiro in ballo l’Inghilterra? Perché non tutti lo sanno, ma pare che il Natale moderno sia proprio da attribuire al popolo inglese, o meglio allo scrittore londinese Charles Dickens. Nel dicembre del 1843 Dickens, già affermatosi con Oliver Twist, e apprezzato dalla regina Vittoria, pubblicò “A Christmas Carol” ovvero “Un canto di Natale”.; che lo rese celebre in tutta l'Inghilterra. Il racconto è suddiviso in cinque parti, ognuna delle quali è uno stave (stanza, strofa) del  Christmas Carol (Canto di Natale). Un Carol era originariamente un canto medioevale in cui diverse stanze si alternavano a un ritornello (refrain) . Più in generale il termine è passato poi a designare un inno religioso che esprime la gioia provata durante una particolare festività, specialmente quella natalizia.
Un racconto di genere fantastico, che narra una delle più commoventi favole sul Natale. Il protagonista è un vecchio finanziere, arido e tirchio, Ebenezer Scrooge.
«Lavorava proprio senza posa Scrooge! era un vecchio e avido peccatore che spremeva, torceva, stringeva graffiava e afferrava! Duro e affilato come una selce, da cui nessun acciaio aveva mai fatto scintillare un fuoco generoso; misterioso riservato e solitario come un'ostrica. Il freddo che aveva dentro raggelava il suo viso invecchiato, pungeva il suo naso affilato, ne scavava le guance e ne irrigidiva l'andatura; arrossava i suoi occhi  e illividiva le sue labbra sottili; lo faceva poi parlare con una voce stridula e gracchiante. La testa era ricoperta da una brina gelata, così come le sopracciglia e il mento ispido. Portava sempre con sé quella bassa temperatura; congelava il suo ufficio nei giorni di canicola, e non lo rendeva meno freddo neppure di un grado a Natale».
Durante la notte di Natale riceve la visita di tre spiriti: il Natale del passato, il Natale del presente e quello del futuro.
Gli spiriti sono preceduti da un‘ammonizione dello spettro di un amico defunto, il collega Jacob Marley.
«Sei in catene» disse Scrooge tremando. «Dimmi perché». «Porto la catena che mi sono forgiato in vita» replicò il fantasma. «L'ho creata anello per anello, e iarda dopo iarda; mi ci sono avvolto di mia spontanea volontà, e di mia spontanea volontà l'ho portata. Il suo modello a te sembra strano?» Scrooge tremava sempre più...
Lo spirito del Natale passato gli fa ripercorrere la sua giovinezza, mostrandogli gli errori già commessi.
« Ho visto le tue aspirazioni più nobili cadere una ad una fino a che il padrone di tutte le passioni, il guadagno, ti ha monopolizzato».

In particolare lo spirito del Natale presente è rappresentato da Babbo Natale che fa così per la prima volta la sua comparsa. L'allegro Babbo Natale è gigante, indossa un mantello verde orlato di pelliccia bianca, ha una corona di agrifoglio in testa e una torcia-cornucopia nella mano.Siede sopra un trono di pietanze natalizie e ha oltre 1800 fratelli (i natali precedenti, che fanno capire che il romanzo è ambientato nel XIX secolo). 

Lo spirito del Natale futuro è la personificazione della morte, una figura alta e slanciata avvolta in un mantello nero. Il povero Scrooge intuisce che se non cambierà radicalmente, si prospetta per lui soltanto la misera morte oscura, spettrale e solitaria come la sua misera vita senza amore.

Dickens attraverso questo romanzo critica duramente la società. Il Canto unisce al gusto del racconto gotico l’impegno alla lotta contro la povertà e allo sfruttamento minorile, attaccando l’analfabetismo.
La legge contro la povertà attuata dal governo inglese (Poor Law Unions) era un abile sistema inventato dalle classi abbienti per lavarsi la coscienza, un comodo tappabuchi inefficace e dannoso. La legge stabiliva che i poveri dovevano essere trasferiti negli ospizi (Workhouses) o case di mendicità, che si rivelavano vere e proprie prigioni, dove si viveva in condizioni estremamente dure e chi era in forze era costretto a lavorare. Uno degli aspetti più crudeli era il fatto che spesso mogli, mariti e figli venivano separati per lavorare in zone diverse e non si potevano mai incontrare. In realtà, ben lungi dal risolvere il problema, la Poor Law considerava la povertà il risultato di una mancanza di dirittura morale e considerava i poveri alla stregua dei criminali, obbligandoli a diventare schiavi delle workhouses.

A Dickens, si possono attribuire anche altre tradizioni attuali: fare regali, preparare un grande pranzo in famiglia, i canti natalizi e le cartoline di auguri, nonostante queste ultime fossero l’invenzione di un altro gentleman, Henry Cole. Eppure le cartoline di auguri natalizi apparse nel 1843 riferivano che Dickens era “l’uomo che ha inventato il Natale” “The man who invented Christmas”. Quando nel 1870 morì, un altro scrittore Theodore Watts-Dunton mentre stava passeggiando nei pressi di Convent Garden, sentì una ragazza popolana gridare : “Dickens è morto? Allora morirà anche Babbo Natale?”  “Dickens dead? Then will Father Christmas die too?”. Tutta la magia del Natale, pregna dei suoi più alti valori morali quali la gioia dello stare insieme, lo scambio degli auguri, la condivisione, la solidarietà, la generosità, la magica atmosfera che deriva dallo spirito del Natale,  è da attribuire allo scrittore inglese.
pudding

Torniamo alle tradizioni inglesi. La sera della Vigilia molta gente si reca nei pub ad aspettare la mezzanotte, poi tutti raggiungono le chiese locali per assistere alla  Messa. Al rientro a casa  attendono l’arrivo di Babbo Natale che si cala dal camino, portando loro i regali. Le famiglie più generose gli offrono un bicchiere di sherry e delle fette di torta.
Il giorno di Natale, molte famiglie si recano in chiesa la mattina, altri, specie i più piccoli, preferiscono aprire i regali. Alcuni preparano il grande pranzo di Natale per l’una: tacchino ripieno arrosto e salsa di mirtilli. Non può mancare il loro dolce tipico: il pudding.
Alle tre del pomeriggio il convivio è interrotto dall’immancabile discorso della Regina.
A volte il pranzo si può protrarre per tutta la giornata.
In passato il tacchino era sostituto con una grassa oca. Una filastrocca datata recita : “Christmas is coming, the goose is getting fat”. Ovvero “Il Natale  sta cominciando, l’oca sta ingrassando”.
Insomma, più o meno tutto nella norma, molte le similitudini col Natale italiano.
Un ringraziamento speciale allo scrittore londinese Charles Dickens, precursore dei tempi, che ci ha lasciato in eredità, oltre ai suoi libri, tutta la magica atmosfera del Natale.
Lo spirito del Natale, dell'infanzia, di ciò che è buono e rassicurante, ma così prezioso da volerlo proteggere ad ogni costo. Consiglio caldamente a tutti di leggere Canto di Natale, specialmente a quegli adulti che hanno dimenticato il senso della gioia, della convivialità, dello stare insieme; accendete nei vostri cuori lo spirito del Natale e lasciatevi avviluppare dal suo calore sincero. Persiste però un dubbio sul colore dell'abito di Babbo Natale. Se il Babbo Natale di dickensiana memoria indossava un abito verde, come mai oggi ce lo ritroviamo intabarrato in un bel vestito rosso? Sarà mica colpa di un misterioso illustratore daltonico? Il mistero del mantello rosso continua... intanto vi lascio un piccolo indizio...


mercoledì 9 dicembre 2015

recensione di Silvia Pattarini de "Il sole scuro"

Il SOLE SCURO
di Irene Barbagallo

0111 Edizioni, febbraio 2015
ISBN:
9788863078664
Lingua:
Italiano


cartaceo : 12,32 € 
ebook : 2,49 € 

SINOSSI:
È possibile crescere attraverso il dolore? Ci si può riappacificare con se stessi dopo essersi fatti carico di una tragedia che ha sconvolto la propria famiglia? Giada non lo sa, ma è ciò che le chiede la sua parte più profonda senza che lei, una ragazza che sta per diventare maggiorenne, nemmeno se ne renda conto. "Il sole scuro" racconta la sua storia, la storia di un’adolescente che si trova a fare i conti con un passato doloroso che ha cambiato lei e sua madre, i loro rapporti, la quotidianità. Fino a quando alcuni eventi inaspettati la accompagneranno verso una nuova visione della vita. Un romanzo sull’imprevedibilità dell’esistenza umana, a volte tiranna, più spesso portatrice di opportunità da cogliere. E, soprattutto, una storia sul valore del perdono, anche verso se stessi, sui sentimenti autentici e sulla speranza.


RECENSIONE
Un romanzo ambientato nella Torino dei giorni nostri, narra la storia di Giada, un’adolescente che si porta dentro un grande peso: si sente responsabile della morte del padre.
Il difficile rapporto con la madre che la trascura e la fa sentire colpevole della prematura morte del marito, le provoca un immenso dolore, un disagio che la conduce all’autolesionismo, alla perdita della fiducia in se stessa e culmina con la frequentazione di un ragazzo che si rivelerà cocainomane e violento. Lei crede di non meritare l’amore, quello vero, puro, finché nel burrascoso tormento della vita, incrocia Gerino, un ragazzo che poco alla volta le offrirà un’alternativa al suo sole oscuro.

Sono le undici e Giada vuole andarsene. L’acqua porta via il sangue fresco dalla stoffa, quel buttarsi nella vita che temeva e desiderava. Dovrebbe sentirsi grande, donna, invece ha solo paura. Paura che la vita sia proprio così. Una libertà che diventa una gabbia di cose che bisogna fare senza davvero volerle, altrimenti non si cresce, non si diventa adulti, si avanza sul filo dei sogni, senza scopo, inutilmente, come un funambolo su una corda alta, che guarda in basso e vede gente che corre per prendere il tram, mamme già sfinite che tirano i bambini per non fare tardi all’asilo, uomini in giacca e cravatta con la ventiquattr’ore sotto il braccio che pensano agli affari da concludere in fretta per fare soldi, arricchirsi, adattarsi perfettamente in un mondo che richiede efficienza e savoir-faire. 

L’acqua che purifica, cancella il sudicio, i rimorsi. 

L’acqua che uccide.
 Con lui scoprirà che esiste uno spiraglio di luce, un’alternativa a tutta quella sofferenza, una luce positiva, una speranza, la possibilità di credere nei propri sogni, la voglia di riscatto.
La lettura si è rivelata piacevole e scorrevole, nonostante l’argomento impegnativo.
Il lettore percepisce il dolore, il disagio, il senso di inadeguatezza della protagonista, il peso che da anni si porta dentro e che le dilania l’anima. Il finale non voglio svelarlo, ma mi sento di consigliare la lettura a quelle persone che si sentono insicure, che hanno poca autostima di sé,  magari ancora giovani ma con la convinzione di essere già adulti.

Poesia inedita di Silvia Pattarini : "Sinfonia D' inverno"


SINFONIA D'INVERNO




 
Larghi fiocchi
danzan silenti,
discendon morbidi,
in suggestiva
armonia,
lenti si posano
 oltre la luce
del lampione:
è la pace
del cuore,
melodiosa
sinfonia d’inverno!

Silvia Pattarini
© LG. 633/1941




mercoledì 2 dicembre 2015

Bobbio: IL PONTE GOBBO E IL MISTERO DELLA GIOCONDA

Bobbio  provincia di Piacenza. Al quinto posto nella classifica tra i 30 ponti più belli d’Italia, il Ponte Gobbo  nasconde misteri e leggende.


La sua antichissima storia lo fa risalire all’epoca romana e il suo profilo irregolare a due gobbe, gli ha conferito la nomina di ponte “gobbo”.
Lungo circa 300 metri, svetta con le sue molteplici arcate sul fiume Trebbia e collega la bella cittadina di Bobbio con l’altra vallata che sale lungo la dorsale appenninica in direzione di Coli. Al di là delle romantiche passeggiate sotto le stelle e al chiaro di luna, che consiglio a tutti di provare almeno una volta nella vita, miti e leggende circolano circa l’effettiva costruzione del ponte, conosciuto anche come Ponte del Diavolo. Una di queste è legata alla figura del monaco irlandese Colombano, oggi divenuto San Colombano, patrono di Bobbio festeggiato ogni anno il 23 novembre. Il monaco giunse nella città nel remoto 614 in compagnia del fedele discepolo Attala, con l'intento di diffondere il cristianesimo in Europa .
La leggenda narra che il monaco avesse necessità di attraversare il Trebbia, ma fosse impossibilitato nel suo intento a causa delle frequenti piene improvvise del fiume. Il diavolo si offrì di dargli una mano, costruendo il ponte in una sola notte, ma in cambio del favore, avrebbe preteso l’anima del primo essere umano che ci avesse messo piede. Colombano accettò il patto col diavolo, e il giorno seguente fece attraversare il ponte da un orso, animale all’epoca molto diffuso nella zona, gabbando così il demonio. ( non gliene vogliano gli animalisti).
Una più recente leggenda metropolitana, risalente agli anni settanta, racconta che fu avvistato nei pressi del ponte un essere non ben identificato, forse un uomo-falena, un vampiro o un alieno, che, accortosi di essere stato visto, si librò in volo.

In questi ultimi anni si sta avallando la teoria che collegherebbe il ponte in questione al famoso dipinto di Leonardo Da Vinci: la Gioconda.
Castello Malaspina Dal Verme
In questo caso non si tratta di leggenda, ma di studi scientifici.
La ricercatrice savonese Carla Glori in seguito a studi e ricerche approfondite, nel settembre 2015 è riuscita a confermare la tesi che il ponte raffigurato alle spalle della Gioconda, identificata nella persona di Bianca Giovanna Sforza, sia proprio il Ponte Gobbo di Bobbio. Secondo la sua tesi il “punto di vista” del pittore è perfettamente compatibile col “punto di vista” di una finestra situata all’ultimo piano del castello  Malaspina Dal Verme. Inoltre anche alcuni elementi dipinti sul paesaggio coinciderebbero col paesaggio reale. Con l'ausilio di sofisticate apparecchiature in grado di effettuare una scannerizzazione del dipinto nei minimi dettagli, la Glori è riuscita ad estrapolare ben tre indizi: due lettere misteriose negli occhi della Monnalisa e un numero sotto l'arcata del ponte. In particolare la pupilla destra nasconde una "S", che rimanda alla casata degli Sforza. La pupilla sinistra invece cela la lettera "L" che sta per Leonardo, ovvero la firma dell'artista. Bianca Giovanna Sforza era la figlia naturale, in seguito legittimata di Ludovico il Moro, duca di Milano, che nel 1496 sposò Gian Galeazzo Sanseverino, comandante dell'esercito sforzesco e signore di Bobbio.
Il numero "72" scoperto sotto l'arcata del ponte potrebbe indicare il Ponte Gobbo di Bobbio.
Secondo la Glori, Leonardo  "ha apposto il numero '72' sotto l'arcata del ponte Gobbo per ricordare quella devastante piena del Trebbia (nel 1472 la piena del fiume distrusse il ponte) e probabilmente per far sì che qualcuno identificasse l'emblematico ponte ed il luogo che fa da sfondo alla Gioconda". Il lavoro della studiosa savonese era stato inviato al Departement del peintures del Museo francese del Louvre (dov'è custodita la Gioconda) per i riscontri. Il quadro approssimativamente fu iniziato durante la presenza di Leonardo a Milano (1482-1499) o anche successivamente, nel periodo della sua presenza presso la corte degli Sforza (1506-1507).

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Un quarto indizio, anche se non propriamente scientifico  ma comunque degno di nota, si permette di suggerirlo la sottoscritta. Vale bene la pena una visita presso la casa degli Atellani a Milano, luogo in cui è custodita la vigna di Leonardo, oggi diventata un museo. Qui si è scoperto la presenza di una tipologia di uva (malvasia) coltivata solo nei colli piacentini. 
Una coincidenza che non solo lascerebbe immaginare la presenza dell'artista sul territorio piacentino, ma testimonierebbe il fatto che si lasciò deliziare dalle pregiate uve coltivate in zona, o forse dal buon vino, e, da buon intenditore, decise di esportare un vitigno nella sua villa di Milano.

Questo potrebbe aprire nuovi scenari e nuovi interrogativi sulla Gioconda.
È davvero il Ponte Gobbo quello sullo sfondo? La dama raffigurata è realmente Bianca Sforza? Ne deriva che potrebbe essere stata dipinta a Bobbio? Se fosse così, Leonardo sarebbe vissuto a Bobbio per un certo periodo di tempo? Se la tesi della dottoressa  Glori trovasse conferma, per Bobbio e per la Valtrebbia si potrebbe ragionevolmente prevedere un incremento dell’attività turistica e di tutte quelle attività commerciali ad essa strettamente correlate.  Se quella che Hemingway ha definito “La valle più bella del mondo” come paesaggi naturalistici, fosse anche la valle in cui è stata creata la Gioconda, si aprirebbero sicuramente nuove porte per turisti, curiosi, studiosi, umanisti e appassionati d’arte provenienti da tutto il mondo. In questi tempi di crisi, dopo l’alluvione di settembre che ha duramente colpito la zona e tutti i disagi creati dalla piena del Trebbia, consentitemi un po’ di sano campanilismo, anche se non sono nativa di Bobbio, ma solo una vicina di casa: ben venga la Gioconda e i suoi misteri.

Se volete conoscere in modo più approfondito la città di Bobbio vi rimando al sito del Comune e al link del calendario eventi. Nel mese di dicembre da non perdere la Sagra della lumaca con i Mercatini di Natale  il 6 dicembre, e la corsa dei babbi natale prevista per il giorno della Vigilia.
Ogni giorno dell'anno è buono per visitare Bobbio, città d'arte e di storia, e vi attende il museo a cielo aperto, tra viuzze strette che trasudano storia ad ogni sasso e, col Ponte Gobbo che vale sicuramente una passeggiata per un tuffo nel passato. 

mercoledì 28 ottobre 2015

POESIE

BISMANTOVA

Ride Bismantova maestosa,
accarezzata da assolate
spighe dorate.
Muta, resta immobile
al sibilar del vento
tra verdeggianti fronde.
Piange Bismantova
Un bagliore accecante
Un fragore improvviso
Rompe l’aria e il silenzio
Una pioggia scrosciante
La Pietra coraggiosa
La  cima piatta
Rude e generosa
Al rosignol dona riparo
Dorme Bismantova
Scintillan le stelle
Un timido raggio
Uno spicchio di luna
La sfiora
Lunghe ombre
L’avvolgono


Riposa tranquilla
nella valle ridente
mentre il mondo
Si risveglia
Tra la bruma e la brezza
Nella luce vibrante
di un’alba radiosa

Silvia Pattarini
© LG. 633/1941